Giovanni
Ci ha tramandato un Vangelo che si discosta nettamente dai precedenti. È il Vangelo su cui si è sempre dibattuto dai primi tempi della Chiesa ad oggi, ed è tuttora oggetto di controversie interpretative a motivo della sua apparente disorganicità strutturale causata, non tanto dalla mancanza di uno schema ben preciso, quanto dalla presenza nel testo di ripetizioni e di frammentarietà letteraria. A causa della forma slegata, risulta spesso difficile rintracciare nel testo una visione sintetica del suo pensiero teologico ed intuire le occulte connessioni. Non poche difficoltà, inoltre, si pongono per capire la successione secondo cui sono ordinati alcuni capitoli e la posizione fuori contesto di alcuni versetti. Ma, nonostante ciò, la ricchezza simbolica contenuta nel Vangelo di Giovanni porta ad una lettura di alta teologia che non ha pari in altri scritti del Nuovo Testamento. È probabile che tutto questo scaturisca dal modo in cui è stato composto ed edito il libro. Ad una successione di episodi costruiti senza troppo rigore, si associa il suo messaggio teologico che scaturisce dal
confronto fra Gesù e il mondo da una parte, e la difficile comprensione dei credenti dall’altra. Il suo procedere sentenzioso e solenne infonde a tutto il discorso un’arcana maestosità che colpisce il lettore fin dall’inizio dello scritto, col prologo: un piccolo capolavoro teologico-letterario in cui l’evangelista Giovanni proclama l’identità dell’uomo-Gesù, non solo con il Messia ebraico, ma perfino con l’eterno “lógos” divino, che non è solo la Parola di Dio rivelatasi nella creazione e nella storia, ma “Parola-che-è-Dio”: persona divino-umana dell’unigenito Figlio di Dio che si è fatto carne, cioè uomo.
Dal confronto dei testi, come già è stato detto, si riscontrano marcate differenze strutturali coi Sinottici, non solo sul piano geografico, ma soprattutto nei contenuti. I Sinottici presentano l’insegnamento di Gesù con frasi brevi e molte parabole; Giovanni sembra ignorare le parabole e riporta, invece, lunghi e solenni discorsi. Di non poco peso sono altre differenze: nel Vangelo di Giovanni non compare la tentazione di Gesù nel deserto, la preghiera del Padre Nostro, la trasfigurazione e la preghiera nel Getsèmani; non sono riportate le beatitudini. Cita poche volte l’Antico Testamento in modo esplicito; Giovanni il Battista, da profeta escatologico, diventa il testimone di Gesù; i miracoli sono chiamati “segni”; i discorsi riguardano praticamente sempre la persona di Gesù. Anche l’impostazione teologica di Giovanni, per annunciare il concetto di significato salvifico, rivela una netta differenza. Nella predicazione del Gesù sinottico, la salvezza è identificata con l’avvento del regno di Dio cui occorre convertirsi per avere la vita eterna e per entrare nel movimento iniziato da Gesù. Nel Vangelo di Giovanni, invece, il centro di interesse è spostato dal regno di Dio alla Persona divino-umana di Gesù. La salvezza, quindi, è espressa dalla fede personale in Gesù, nell’affidarsi alla sua persona, Verbo incarnato.
La profonda originalità del pensiero di Giovanni si ricollega alla vita e alle parole delle comunità che esprimevano le prime elaborazioni teologiche cristiane. Qualche studioso non esclude che egli probabilmente sia stato influenzato dalle grandi correnti filosofico-religiose del suo tempo, punto d’incontro tra il pensiero greco e il misticismo orientale, e dallo stesso giudaismo. Questo non gli ha, comunque, impedito di fare un’opera profondamente originale, non condizionata dalle diverse correnti di pensiero a lui contemporanee. Giovanni nel suo Vangelo è riuscito ad esprimere con potenza l’enorme impatto della personalità di Gesù nella storia dell’uomo e ha saputo approfondire il significato della fede in Gesù, nella cui esistenza si manifesta il Padre a quanti progrediscono nella conoscenza. Meglio degli altri evangelisti è riuscito a mettere in luce il senso della vita, delle opere e delle parole di Gesù, facendone risaltare trascendenza e divinità. Sotto un’apparente povertà e semplicità di linguaggio ci ha trasmesso un pensiero profondo in un’opera letteraria alquanto complessa, incentrata sulla cristologia.
Giovanni, dopo la risurrezione di Gesù, fu con Pietro il primo testimone della tomba vuota: la sua testimonianza (“vide e credette”) enuncia i principi di fede su cui si basa la tradizione evangelica che confluì nel Quarto Vangelo. I due verbi “vedere” e “credere” sintetizzano la testimonianza di Giovanni depositata nel suo Vangelo: egli fu testimone oculare (“vide”), ma la sua fu una visione di fede (“credette”).
Gli studiosi affermano che per comprendere il Vangelo di Giovanni è necessario leggere e rileggere il testo più volte, cercare di interpretarlo spogliandosi da metodologie di studio intellettualistiche e razionali, lasciandosi trasportare, invece, dall’amore e dalla preghiera. Infatti il Vangelo di Giovanni è stato definito anche “il Vangelo del cuore”, cioè il Vangelo spirituale per eccellenza. Attraverso questa chiave di lettura si potrà comprendere l’unità interna del testo, che ruota attorno alla professione di fede della divina-umanità di Gesù, rivelatore del Padre attraverso la sua Persona e la sua Parola.
È il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio!