L’ambiente culturale e religioso: il giudaismo

    Nonostante gli Ebrei fossero costretti a subire l’autorità dei Romani e della famiglia di Erode, la loro fedeltà era rivolta unicamente ai Sacerdoti. Costoro esercitavano un forte potere sul popolo e lo stesso procuratore aveva bisogno del loro consiglio e sostegno. Tutta la vita ebraica si svolgeva sotto la luce divina della Legge che, praticamente, si traduceva nel giudaismo: un sistema socio-religioso omogeneo, fondato sul rispetto assoluto della Legge, la Torah, che doveva regolare tutte le particolari circostanze della vita sociale ebraica.
    Le istituzioni erano guidate da un’amministrazione civile e religiosa che ruotava attorno alla Sinagoga, luogo di adunanza, di lettura e di meditazione della Legge. La Sinagoga svolgeva, nello stesso tempo, le funzioni di scuola, di centro culturale e luogo di culto spirituale. Questo consisteva essenzialmente nella preghiera, nella lettura della Torah e nella sua spiegazione. Nonostante fosse ritenuta perfetta per le sue origini divine, questa Legge però aveva bisogno di essere spiegata e interpretata per applicarsi ai problemi concreti e individuali. Questo sforzo di esplicitazione portò allo sviluppo, attorno alla “Legge Scritta”, della così detta “Tradizione Orale”.
    Responsabili e capi della Sinagoga erano i Maestri della Legge, gli Scribi: letterati ebrei, studiosi e interpreti della Legge di Mosè. Godevano di molta autorità ed esercitavano la funzione di teologi e di giuristi; essi vigilavano affinché venissero rispettate le norme sancite nella Legge. La trasgressione ad una sola delle prescrizioni veniva valutata come un’infrazione a tutta la Legge. Da ciò scaturì un legalismo rigido ed intransigente che, successivamente, dovette fare i conti con la dinamicità del nascente cristianesimo.
    La Classe Sacerdotale, costituita da membri scelti dalla casta della famiglia di Aronne, presiedeva alle funzioni liturgiche svolte nel Tempio di Gerusalemme, considerato il luogo in cui si rendeva concreta la presenza di Dio. Gerusalemme era considerata la città santa, la città celeste, centro non soltanto del giudaismo ma di tutto il mondo.
La classe sacerdotale rappresentava un polo di opposizione agli Scribi, a causa dell’antagonismo crescente fra rappresentanti del Tempio e della Sinagoga; era organizzata gerarchicamente sotto l’autorità suprema del Sommo Sacerdote che godeva del più alto prestigio e che presiedeva anche il Tribunale Ebraico, detto Sinedrio, assemblea di 70 elementi, Sacerdoti e laici, competenti in materia civile e religiosa.
    La classe sacerdotale a sua volta era formata da due raggruppamenti, i Sadducei e i Farisei. Gli uni consideravano come statuto fondamentale e unico la Torah, la Legge per eccellenza scritta, consegnata da Mosè alla nazione. I Farisei, invece, ritenevano che a completamento della Torah, la “Legge Scritta”, esisteva anche la “Legge Orale”, rappresentata dagli innumerevoli precetti della tradizione. Erano due sistemi di dottrine che praticamente formavano due gruppi religiosi: i Sadducei, che respingevano le tradizioni orali professando una religione formale, intransigente e molto conservatrice, e i Farisei, più numerosi, che cercavano di interpretare la Legge per la gente del loro tempo in maniera più dinamica, ma nello stesso tempo più complicata e difficile da seguire. A differenza dei Sadducei, i Farisei credevano nell’immortalità dell’anima, nella risurrezione dei morti e nell’aldilà. In questa diatriba prevalse la tesi dei Farisei; i Sadducei restrinsero le loro autorità al Tempio e alle grandi famiglie sacerdotali, scomparvero dalla scena definitivamente nell’anno 70 d.C., con la distruzione del Tempio ad opera dei Romani.
    In conclusione, il giudaismo ufficiale era rappresentato da due grandi schieramenti: i Maestri della Legge, gli Scribi, rappresentanti della Sinagoga e i Farisei e Sadducei, la classe sacerdotale, rappresentanti del Tempio.
    Ai margini gravitavano parecchie sette, come gli Zeloti, esasperati applicatori della Legge nazionale-religiosa, ala estremista fanatico-integralista e rivoluzionaria del partito dei Farisei che si opponeva con violenza al dominio di Roma sul popolo giudaico, e gli Esseni, un’associazione religiosa-monastica, nazionalista e anti-pagana, molto ostile alla classe giudaica corrotta allora dominante. Costoro erano, per lo più, monaci Ebrei che vivevano nel deserto, mettendo in comune i propri beni materiali posseduti, nell’attesa di un intervento straordinario di Dio.
    Gli Zeloti, che per principi di carattere religioso-ideologico si rifiutavano di assoggettarsi ad un impero idolatra che accordava onori divini al suo imperatore, divennero ben presto aggressivi, violenti e fanatici, irriducibili oppositori ad ogni forma di autorità che non provenisse direttamente dalla Legge. Sicuri che Dio sarebbe venuto in loro aiuto, organizzarono un’insurrezione contro i Romani cercando di coinvolgere anche rami della politica giudaica. Pronti a sopportare le più terribili torture, fino alla morte, pur di non assoggettarsi al dominio romano, seminarono il terrore anche fra la popolazione di Gerusalemme, per costringere i ricchi a combattere contro Roma e punire quanti collaboravano con la potenza occupante pagana. A tale scopo gli Zeloti utilizzarono una frangia estremista, detta dei “sicari”, elementi isolati che durante le assemblee festive, infiltrandosi tra la folla, pugnalavano i loro nemici e fuggivano senza farsi identificare. La rivolta, iniziata nel 66 d.C., ebbe termine nel 70 d.C. con la conquista di Gerusalemme e la distruzione del Tempio da parte dei Romani. È possibile che certi discepoli di Gesù, e forse lo stesso Paolo, abbiano avuto legami con gli Zeloti prima di diventare Cristiani.
    Gli Esseni, noti attraverso le testimonianze degli antichi scrittori giudaici, sono tornati alla ribalta dopo la scoperta nel 1947 dei loro manoscritti nelle grotte di Qumràn, sulle rive nord-occidentali del Mar Morto. In quei manoscritti, perfettamente conservati, furono trovati quasi tutti i libri della Bibbia, ricopiati circa uno o due secoli prima di Cristo, perfettamente coincidenti con quelli usati da Ebrei e Cristiani di oggi. Grazie a quei papiri, oggi sappiamo che gli Esseni erano interpreti rigorosi del giudaismo e che erano anche loro nell’attesa dell’avvento del Messia. Svilupparono una concezione nettamente dualista basata sull’opposizione radicale di due spiriti o forze, il bene e il male, in continua lotta fra di loro. Era una dottrina rivelata da un loro maestro di giustizia che nei tempi passati alcuni avevano erroneamente accostato a Gesù. La scoperta dei papiri di Qumràn ha dimostrato la profonda antitesi tra la dottrina degli Esseni, legata alla purità legale spinta fino all’estremismo, e quella cristiano-primitiva, deludendo quanti fino allora pensavano di aver trovato negli Esseni la “chiave” per capire come dalla cultura ebraica del primo secolo fosse uscito un nuovo insegnamento, la nuova dottrina del cristianesimo nascente, che d’un tratto si attestava su posizioni rivoluzionarie e completamente antitetiche, senza potervi rilevare segni di continuità o di aggancio con la precedente dottrina giudaica.
    Il Nuovo Testamento non nomina espressamente gli Esseni, ma indubbiamente questo movimento rappresenta un nuovo capitolo che completa la fisionomia del giudaismo e la storia degli inizi del cristianesimo.